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Romeo Bellucci    “…dolce  ne  la  memoria…”

Se aveste chiesto a Romeo Bellucci quale fosse la sua professione, avrebbe risposto senza esitare: insegnante.  Ma la sua vocazione, fin dalla prima fanciullezza, e l’attività alla quale ha dedicato la maggior parte del suo tempo è stata la pittura. Invero Romeo Bellucci è stato: insegnante elementare, pittore, recensore artistico e musicale, poeta e  –  per coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo –  maestro di vita. La pittura e la poesia servivano a Romeo per cercare di conoscere meglio se stesso. Una ricerca costante e appassionata, profonda e, spesso, dolente.

Le poesie di questa raccolta rappresentano solo una piccola parte della sua produzione lirica, ma sono le sole che – poco alla volta – mi consegnò perché potessi copiare a macchina i manoscritti originali.  Conservava infatti le sue poesie, scritte su piccoli fogli di blocco per appunti, in una cartelletta rigida, di quelle che si chiudono con un elastico, accumulate alla rinfusa, non suddivise né per argomento né per cronologia. Ne sceglieva tre o quattro, dando solo un’occhiata ai primi versi, per selezionare quelle che riteneva più degne di nota e, quando gliele riportavo, il giorno o la settimana dopo, rileggeva e correggeva i fogli dattiloscritti e, solo dietro mia insistenza, me ne consegnava altre da copiare. Credo siano poche le persone alle quali Romeo abbia consentito di  leggere le sue poesie. Le considerava uno strumento per fissare un pensiero, un ricordo, una riflessione sua, profonda, da non dimenticare.  Certo sua moglie Carla ne era partecipe perché spesso, quando il caso glielo ricordava, diceva: “ma non avevi scritto una poesia al proposito?” e poi a me: “…ne ha scritte tante, sapessi.” Considero dunque un privilegio esserne venuto in possesso temporaneo di alcune, perché penso che, sottoponendomele, abbia voluto considerarmi degno di conoscerlo più intimamente di quanto non abbia consentito ad altri.  Cominciò a consegnarmele, poco alla volta, solo successivamente all’anno 2009, quando mi regalò il manoscritto di una poesia a me dedicata.  Ci sono ampi vuoti temporali  tra le poesie di questa pubblicazione che può essere chiamata raccolta solo perché selezionata dall’autore stesso.

Dopo la morte di sua moglie Carla (aprile 2011), Romeo non scrisse più neppure un verso, né dipinse più, tranne in alcune rare occasioni,  – come mi diceva lui –“solo perché ti fa piacere”.

Ad osservatore attento delle opere di pittura di Romeo, non può sfuggire la stretta analogia di sentimento che le accomuna alle sue poesie: la ricerca continua e profonda di una sintesi espressiva ed esplicativa del suo pensiero.

Chi ha tanto da dire, spesso non fa lunghi discorsi per farsi conoscere; preferisce usare una modestia riservata nel proprio comportamento, nella quale lasciar entrare, poco a poco, solo chi si dimostra degno e veramente interessato a conoscere ciò che cova dentro di sé, quali sono i suoi sentimenti più profondi, qual’è il suo pensiero.

La poesia spesso necessita di essere interpretata. Non quella di Romeo Bellucci che ci si presenta piana, quasi una confessione, dettata spesso da richiami di immagini destate, nel cuore del poeta, da un brano musicale, da un suono, da un paesaggio, da un ricordo che pare ancora presente e vivo in lui e che commuove noi che, leggendo, riviviamo con lui quei momenti che, talvolta ripensandoci, sono stati anche i nostri.

La struggente malinconia dei versi che ricordano un passato irrimediabilmente perduto e pur ancora così presente e vivo nel cuore del poeta sono il  leitmotiv della raccolta.

7 marzo 2019Dario Cattaneo

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